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 di Dario Fruscio

Prima Parte

Sul finire dell’agosto scorso, Ernesto Galli Della Loggia constatava in un suo editoriale sul Corriere della Sera che “dopo sei mesi di governo, Renzi esce con non molti traguardi raggiunti ma con la sua forza sostanzialmente intatta. “ Confermava tale tendenza un sondaggio di Pagnoncelli di pochi giorni or sono.

Una stranezza e nello stesso tempo la conferma del trovarsi il nostro Paese in piena Torre di Babele.

Non così si può dire dei due baluardi che soprintendono alla regolazione e alla gestione delle risorse comunitarie e bancarie europee: l’Eurozona e la BCE presieduta da Mario Draghi.

L’altro giorno il presidente Draghi, sulla scia delle sue recentissime considerazioni svolte a Jackson Hole, dal tavolo dei Governatori delle banche centrali dell’Eurozona riuniti in sede consiliare,  constatava che di fronte al bisogno di crescita economica dell’Ue, della necessità di abbassare la disoccupazione del Continente, delle politiche di bilancio e delle riforme strutturali da attuarsi nei Paesi comunitari, ognuno deve fare la sua parte. Assumersi le proprie responsabilità.

Alla BCE, che fa politica monetarie, tocca fare stimolo monetario. Quindi, una mossa a sorpresa da quel tavolo: l’avvio dello stimolo monetario più ponderoso, per entità e articolazione, che i Paesi dell’Eurozona abbiano mai posto in essere.

Forse per un eccesso di enfasi dato dai più diffusi organi d’informazione al taglio dei tassi (praticamente ridotti a zero), sono passate un po’ sotto tono le altre misure approvate con “comoda maggioranza” dal consiglio della Banca Centrale europea (per pura completezza informativa giova dare atto che il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, ha votato contro il taglio dei tassi e delle altre misure). Con lui, allo stesso modo, hanno votato altri governatori di banche centrali.

Di ognuna di tali misure approvate, in massimo compendio, si dà la seguente rappresentazione:

Taglio dei tassi

La riduzione del tasso di riferimento è stato portato dallo 0,15% allo 0,05%. Anche il tasso della BCE per la custodia dei depositi delle banche commerciali, già negativo, passerà da -0,1 a -0,2%

La previsione è che le banche italiane potrebbero chiedere all’Eurotower 75 miliardi di Euro nel corso della restante parte del 2014, fino a giungere a 200 miliardi (complessivi) nell’anno 2015. Una spinta che in termini di PIL si valuta potrà realizzare un incremento intorno all’1% del PIL.

TLTRO

Tltro è l’acronimo di Targeted Long Term Rifinancing Operation, cioè operazioni di finanziamento a lungo termine che la BCE lancerà il 18 settembre 2014. Più esattamente, prestiti a 4 anni vincolativamente ancorati a imprese e famiglie. La dote prevista per il 2014 è di 400 mld di euro.

ABS

E’ l’acronimo di Asset backed securities. Si tratta di titoli emessi da banche o società finanziarie per conto di società terze che assicurano il pagamento o con il proprio patrimonio o attraverso l’incasso delle rate, se si tratta di prestiti o mutui. L’emissione dei titoli in discorso avviene successivamente alla trasformazione dei crediti in obbligazioni attraverso normali operazioni di cartolarizzazione. Le stime sull’entità di tali titoli, precipuamente finalizzati ad aumentare il credito alle Pmi, vengono indicate in un intorno fra 250 e 300 mld di euro.

Le cronache giornalistiche e quanto trapelato da ambiti BCE dicono di un forte scontro in sede di Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea fra gli interpreti delle due linee di politica monetaria. Da una parte quella rappresentata dal presidente della Bundesbank , Jans Weidmann, assertore di una politica monetaria più attendista in funzione del favorire il completamento del quadro del consolidamento fiscale e delle riforme strutturali cui sono impegnati i governi dei Paesi dell’Ue. Dall’altra, l’ottica di Draghi del doversi far carico la “politica monetaria” di fornire al mercato un poderoso stimolo monetario nei Paesi dell’Eurozona, tale da sbloccare un complesso di variabili estremamente precarie, quali: una ripresa economica debole e disomogenea, la crescente contrazione della fiducia degli investitori istituzionali, la debolezza dei flussi di capitali esteri,  soprattutto verso i Parsi periferici del Mediterraneo dell’area euro.

Dire che il presidente della BCE di fronte al peggiorare delle prospettive congiunturali in ambito Eurozona abbia dato prova di essere una delle più ispirate e concrete espressioni del sistema Ue portando l’istituto da lui presieduto ai provvedimenti di espansione monetaria di giovedì 4 settembre c.m., è di palmare evidenza. Quel che giova sottolineare è , invece, che Draghi rendendosi promotore dell’approvazione di tutte tali misure ha contestualmente e  pubblicamente avvertito l’Unione che dopo tali provvedimenti null’altro potrà essere chiesto alla BCE  e che col varo di tali misure ogni Governo nazionale, il nostro per primo, dovrà mettere in campo precise e concrete politiche fiscali orientate alla crescita e, contemporaneamente, politiche strutturali che valgano a rendere i mercati nazionali più integrati e più competitivi, ad iniziare da quello del lavoro.

Ecco, in Europa l’80% dei finanziamenti all’economia reale passa per il sistema bancario. Con la complessa e articolata decisione dei primi del corrente mese, la BCE oltre al taglio dei tassi d’interesse avvierà dal prossimo mese di ottobre un piano di acquisto di titoli cartolarizzati e dal 18 del corrente mese di settembre partiranno le operazioni di rifinanziamento a lungo termine, operazioni prima indicate nell’apposito prospetto. Il tutto nelle intenzioni della BCE dovrebbe riuscire a iniettare nell’economia nel 2014 mille miliardi di euro.

Altro segnale di ferma determinazione innovativa rispetto al passato è riscontrabile nel fatto che a differenza dell’interventismo BCE a partire dalla crisi del 2008, mirato a stabilizzare il sistema finanziario mediante massicce iniezioni di liquidità, le decisioni della medesima Eurotower dell’altro giorno puntano al rilancio del settore industriale, del lavoro, del reddito, delle famiglie.

Giova ripetere, anche in questa sede, che riflessi conseguenti agli sforzi fatti in direzione della tutela e della stabilizzazione del sistema finanziario sono stati molteplici e gravi: la caduta progressiva degli investimenti industriali, in Italia come negli altri Paesi deboli dell’Eurozona; quindi a cascata, in modo particolarmente pesante nel nostro Paese, la contrazione dell’occupazione; la conseguente caduta dei redditi e dei consumi interni.