Quello che ci frega è il prezzo finale. Dalla benzina all’elettricità, quello che si paga alla pompa o alle Poste è solo il risultato di accise su accise. Sul prezzo finale pagato quando facciamo benzina, incidono la guerra d’Abissinia del 1935, la crisi di Suez del 1956, il disastro del Vajont del 1963, l’alluvione di Firenze del 1966, il terremoto del Belice del 1968, il terremoto del Friuli del 1976, il terremoto dell’Irpinia del 1980, la missione in Libano del 1983, la missione in Bosnia del 1996 e il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004. E su queste accise va considerata anche l’Iva.

Sulla bolletta dell’elettricità che il presidente del Consiglio Renzi vorrebbe diminuire, invece, incide ancora oggi il decreto salva-Alcoa che sospendeva temporaneamente il sistema di aiuto alle fonti rinnovabili, bruciando la riduzione degli incentivi istituendone altri per il fotovoltaico ed elargendo sconti per i grandi consumatori industriali di corrente. E incide anche la tariffa “cip6”, istituita nel ’92, con cui sono stabiliti prezzi incentivati per l’energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili e “assimilate”. Ma non solo. Con la cip6 chi produce energia elettrica da fonti rinnovabili o assimilate ha diritto a rivenderla al Gestore dei Servizi Energetici (GSE) a un prezzo superiore a quello di mercato. A questo si aggiungono tutti quei consumatori finali che l’energia la pagano sì, ma con tariffe scontate come la Città del Vaticano, le Ferrovie dello Stato. Sconto su sconto, la bolletta salata è servita.