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Un prezioso contributo dall’Accademia delle Idee “ANTICO PIEMONTE”.

Poiché tutti sanno sempre in cosa sbagliano gli altri e mai nessuno comincia con quanto si può fare, vale la pena domandarsi cosa c’è davvero da fare, quali sono le priorità non di un partito ma della nazione e del suo popolo.

Se la gente non sa cosa mangiare, non sa quasi più parlare (e dunque relazionarsi), se non sa e non vuole impegnarsi perché è alienata, distrutta, svuotata, a disagio anche nelle proprie parole, se non ha più valori né punti di riferimento, la priorità dovrebbe essere esattamente questa: organizzare un progetto per nutrire le persone e sfamare tutti i loro bisogni.

Sergio Marini aveva ragione: andiamo a cercare le esperienze che hanno funzionato, raccogliamole e proponiamole a tutti per diffonderle. La cosa più importante, senza la quale quest’idea risulterebbe un vano giro di parole, è però porre le basi di uno Stato che -al di là dei suoi problemi di burocrazia, funzionalità etc., che in un secondo momento sicuramente andrebbero considerati e risolti- sia in grado di garantire la dignità di vita a un popolo ora sempre più miserabile e disperato. Il resto sono specchietti per le allodole per chi ancora dalla crisi autentica non è stato toccato (lo sappiamo bene): chi davvero ha patito e patisce il meccanismo che sta strangolando centinaia di migliaia di persone in tutta Europa è la gente che non riesce a fare più di un pasto al giorno, che vende organi vitali per sperare di poter far campare i figli qualche giorno in più… che non si riconosce più neanche la dignità di vivere.

Vogliamo fare davvero qualcosa di autentico e utile?
Riprendiamoci la dignità di vivere mettendoci tutti sullo stesso piano: tutti dobbiamo poter mangiare, pensare, divertirci, realizzarci attraverso i rapporti, il lavoro… essere liberi di crescere, esprimerci e amare.
Cominciamo a pensare che prima di tutto è il caso di mettere nutrimento nelle persone (cibo, educazione-istruzione, tempo libero, lavoro,…): ripartiamo dalla Terra, che fa bene a tutti (come dimostrano anche le esperienze con svantaggiati e disagiati) e che è bassa… e ci richiede di inchinarci per rialzare la testa.
Per far tornare lo spirito di solidarietà è importante che tutti smettiamo di percepire l’altro come il nemico da sconfiggere per guadagnare la nostra pagnotta (per noi, per le nostre famiglie). Anche la ricerca dei fondi e dei bandi ci mette in concorrenza… questo è quello che ci dice il sistema economico nel quale siamo, in cui lo Stato -per essere in pari o in attivo- deve spremere i propri dipendenti (le famiglie) chiedendo loro più di quello che ricevono, impedendo loro di avere risparmi, di creare economia facendo acquisti o dando lavoro ad altre famiglie…

Tutto il sistema ha bisogno di nuovo nutrimento made in Italy e non governato dall’esterno. Prendiamo coraggio di fare la nostra strada con la nostra testa, indipendentemente dai sussidi: a partire dal recupero della nostra autonomia economica (cosa che ci garantisce libertà di importare, di esportare e -parimenti- di non farlo) avere le risorse da investire in un piano di sviluppo integrato e contestualizzato nella nostra molteplice realtà sul fronte di economia, educazione/istruzione, lavoro, cura dell’uomo,…

Per realizzare questo abbiamo tutti gli specialisti possibili e immaginabili o sappiamo sicuramente dove trovarli. Ma alla fonte serve desiderare un pensiero e una visione nuovi, capaci di guardare oltre, senza fermarsi ai sistemi e agli schemi noti.
Altrimenti è più serio vestirsi di pelli e andare a caccia di mammut in centro città…

Ci sono Persone, Aziende e intere comunità esempi di eccellenza che non riescono (grazie a qualcuno) ma nonostante… a queste donne e uomini dobbiamo rivolgere il nostro plauso ed il nostro sguardo, interesse e impegno.

Ripartiamo serenamente e sinceramente dall’ascolto del prossimo, dai suoi bisogni quotidiani, dalle sue legittime aspirazioni e ispirazioni… tracciamo un percorso di Luce che sia visibile tanto nel buio come alla luce del Sole, accettiamo la differenza come ricchezza e usciamo una volta per tutte da una visione di classe o di livelli raggiunti, nella memoria di un insegnamento -questo si- cristiano: quello che avete fatto al più piccolo tra voi lo avete fatto a me.

La Conoscenza, il sapere che è stato segregato ai vertici dei popoli e delle nazioni e che ci dovrebbe accomunare tutti, deve essere rivelata e, come ogni verità autentica, una volta rivelata non permette più passi indietro: ci sono cose che si possono ignorare o far finta di ignorare ma che una volta rivelate sono e restano rivoluzionarie…

Ciò cui possiamo e dobbiamo ambire come uomini e come cristiani è accogliere quanti bussano alla nostra porta, dare loro ristoro e scortarli quali pellegrini di fede e di amore nella loro quotidiana storia, protagonisti delle loro e nostre esistenze… questo deve essere il nostro impegno. Giacomo (2,14) diceva: Che utilità c’è, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Può forse la fede salvarlo? Se ci sono un fratello o una sorella mal vestiti e mancanti di nutrimento quotidiano e uno di voi dicesse loro: «Andate in pace, scaldatevi e saziatevi», ma non date loro ciò che è necessario per il corpo, a che giova? Così anche la fede: senza le opere, è morta in se stessa. Ma qualcuno dirà: Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io ti mostrerò dalle mie opere la fede. Tu credi che esiste un solo Dio? Fai bene; anche i demòni credono e tremano! Ma vuoi riconoscere, o uomo vano [vuoto],che la fede senza le opere è inutile? Abramo, nostro padre, non fu giustificato dalle opere, avendo condotto il figlio suo, Isacco, sull’altare? Vedi che la fede cooperava insieme alle sue opere, e che la fede fu completata dalle opere e si compì la Scrittura che dice: Abramo credette a Dio e gli fu accreditato come giustizia, e fu chiamato amico di Dio. Vedete che dalle opere dell’uomo viene giustificato e non dalla fede soltanto. Similmente anche Raab, la prostituta, non fu forse giustificata dalle opere quando ospitò agli invitati e li rimandò per altra strada? Come infatti il corpo senza spirito è morto, così anche la fede senza opere è morta.

Non basta dire: “Andate, mangiate e riscaldatevi”, bisogna fare qualcosa; la teoria senza la pratica non ha utilità. La rivelazione di Dio, l’opera di Gesù Cristo non è una bella teoria, ma è il dono di una capacità di intervenire praticamente per cambiare la realtà.
Vedo un problema, mi impegno, mi prendo a cuore la situazione e cerco di fare qualcosa io: questo è il comportamento giusto. Anche nelle nostre comunità c’è il rischio della teorizzazione, del bisognerebbe, ma sono sempre gli altri quelli che dovrebbero fare qualcosa.. Questo è un atteggiamento di fede morta, di fede che non giova.

Elisa Gastaldi – Luca Benicchi