Il punto di svolta nella questione che riguarda la coltivazione de-gli OGM potrebbe arrivare il prossimo 9 aprile. Proprio per quel giorno, infatti, è attesa la decisione del Tar sul ricorso presentato da un agricoltore friulano contro il decreto interministeriale che proibisce la semina di mais MON810, una coltura geneticamente modificata. Se il ricorso fosse accolto, si rischierebbe di aprire la strada in tutta Italia a semine incontrollate di colture genetica-mente modificate, con ripercussioni anche sul cibo che mettiamo in tavola ogni giorno. Un rischio che diventa sempre più tangibile e che a livello europeo non è stato ancora degnamente affronta-to al punto da prendere una decisione netta. L’Italia, in realtà, ha sempre mantenuto la propria posizione contraria rispetto alla coltivazione di OGM. E lo stesso presidente della Fondazione Ita-lia Spa, Sergio Marini, da anni combatte proprio contro la colti-vazione di OGM. Ma non solo. Uno dei problemi fondamentali in Europa è che la direttiva europea ammette la non indicazione in etichetta della presenza di OGM al di sotto delle quantità per in-grediente dello 0,09%, quindi spesso diventa difficile rintracciare la provenienza di ogni singolo ingrediente. In Europa circolano 14 prodotti OGM autorizzati per l’alimentazione umana. In Ame-rica, ad esempio, hanno creato una banca dati, in costante ag-giornamento, che permette, attraverso una serie di analisi di sta-bilire quali prodotti siano privi di OGM e ai consumatori non re-sta che controllare questa lista dal proprio smartphone per fare la spesa consapevolmente. Un modo per ovviare all’entrata degli OGM in Italia, potrebbe essere l’etichettatura di origine, che permetterebbe di acquistare prodotti lavorati e di capirne la pro-venienza di ogni singolo ingrediente. Ma anche per quest’ultima, la strada sembra essere ancora accidentata.